Serenate giapponesi



Ma quanto sarebbe bello se le nostre vite terminassero al suono dolce e impalpabile degli archi! Una luce circolare illumina il legno di un palcoscenico dove un'orchestra da camera suona la "Serenade for strings" op. 48 di Ciaikovskij, che l'autore ideò nel 1880 al ritorno in Russia da Parigi. Cinque anni dopo il meraviglioso analogo di Antonin Dvorak, che nel 1875 impiegò appena quindici giorni per vergare la sua opera 22. Due lavori spesso giustamente accoppiati, due opere d'atmosfera che ci parlano di un'epoca in cui l'arte riusciva ancora a parlarci di ciò che siamo e vogliamo. Questo è il nostro passato, e per riscoprirlo andiamo nel lontano Giappone, dove il grande Seiji Ozawa, negli ormai lontani anni Novanta, ci ha lasciato due letture memorabili e commoventi delle Serenate più celebri del tardo Ottocento. Così l'est del mondo interpreta l'est europeo. 
"Van li effluvi de le rose da i verzieri,  da le corde van le note de l’amore,  lungi van per l’alta notte  piena d’incantesimi.  L’aspro vin di giovinezza brilla ed arde  ne le arterie umane: reca l’aura a tratti  un tepor voluttuoso  d’aliti feminei.  Spiran l’acque a i solitari lidi; vanno,  van li effluvi de le rose da i verzieri,  van le note de l’amore  lungi e le meteore."










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